Amo questo lavoro, che per me è qualcosa che va al di là della professione. È incollato alla mia persona. È un modo di essere, di percepire, di entrare in contatto con gli altri, di penetrare nelle loro storie e nei loro vissuti emotivi.
Nella relazione che instauro con le persone che si rivolgono a me, o con le quali entro in contatto professionalmente, metto me stessa, perché credo che non sia sufficiente quello che sappiamo, ma sia importante anche quello che siamo. Noi infatti, anche con la nostra persona possiamo essere degli strumenti di cura. Possiamo essere ciò che solleva, supporta o consola.
Il mio amore per le parole è una delle ragioni che mi hanno portato a scegliere questa professione.
Vorrei trovare le parole per chi non ce le ha, per chi non riesce a trovarle o ad esprimere ciò che sente. Per chi è stanco di cercarle, o per chi non crede o ha smesso di credere in esse. E vorrei anche valorizzare le parole di chi invece già le ha. Estrarre il loro senso più profondo e più intimo. Scomporle, creare nuovi significati. Metterle insieme ed isolarle al tempo stesso, cercando di cogliere il significato che assume la parola in mezzo alle altre e quello che assume da sola.
Le parole infatti, in quanto mezzo di espressione, ci consentono di entrare in relazione con gli altri, di domandare loro comprensione e sostegno. Ci consentono di perderci in noi stessi e di ritrovarci. Di esprimere i nostri pensieri, i nostri stati d'animo, di nominarli, quindi di farli esistere dentro di noi e al di fuori. Ci consentono di tirare fuori le nostre emozioni, di tradurle in qualcosa di comprensibile, di liberarci dal loro peso, a volte insostenibile, e non esserne schiacciati.